Cesare Greco
La storia si ripete sempre due volte, diceva Hegel, ma la prima si presenta come tragedia, la seconda come farsa, concludeva Marx. Ciò può essere vero quando ci si riferisca ai personaggi che in quel dato momento si trovino a gestire avvenimenti grandiosi che spesso non capiscono, ma per le moltitudini di uomini che sono loro malgrado coinvolti, la storia si ripete sempre come tragedia; ed è sorprendente a volte come gli avvenimenti che segnano un’epoca, pur con ambientazioni diverse, si ripresentino e come i personaggi che in questi avvenimenti sono coinvolti finiscano per assomigliarsi, anche a distanza di secoli.
E’ di questi giorni la constatazione che su un fenomeno epocale come le migrazioni di vere e proprie moltitudini, la stessa unità dell’Europa rischi di sgretolarsi. Quella che è stata un’opera politica grandiosa, che è riuscita ad annullare quegli egoismi nazionalistici che per secoli hanno insanguinato il continente, che ha consentito la libera circolazione di uomini e merci, pagate ovunque con la stessa moneta, rischia di crollare come un castello di carte a causa di avvenimenti che originano al di fuori dei suoi confini, che sono gestiti da personaggi ferocemente spinti unicamente dal proprio tornaconto personale, favoriti da alcune anime belle e da calcoli che attribuiscono all’arrivo di queste masse taumaturgiche soluzioni delle precarie condizioni economiche di alcuni degli Stati che dovrebbero accoglierle. Sono situazioni già vissute nei secoli passati e tornano alla memoria, quando si osservi con attenzione il fenomeno e se ne esaminino i diversi personaggi in causa, le parole con cui Ammiano Marcellino, l’ultimo grande storico della Roma pagana, descriveva, da testimone oculare, l’irrompere, attraverso i confini dell’Impero, delle masse di Goti incalzati dall’avanzare delle orde unne: “…. perchéalcuni esperti adulatori pigliavan di qui occasione per sollevare a cielo la fortuna dell’Imperatore, dicendo che’ essa gli offeriva inopinatamente nuove numerose milizie traendole fin dalle ultime terre, acciocché poi egli unendo insieme le proprie forze e le altrui avesse un invincibile esercito, oltre che’ s’aggiungerebbe all’erario gran quantità di danarocui pagherebbero ogni anno le provinceinvece delle militari reclute. Con questa speranza furono spediti parecchi, i quali sopra carri trasportassero al qua del fiume quella feroce moltitudine di stranieri: e s’attese con gran diligenza a far si che non restasse a dietro né pur uno di quegli uomini destinatia rovinare l’ imperioromano, né pur chi fosse già mortalmente ammalato……. con zattere e con tronchi d’alberi incavati : ed essendo quel fiume più pericoloso d’ogni altro, ed allora gonfiato da lunghe piogge, pel troppo gran numero delle genti, alcuni mentre sforzavansi di vincere l’impeto delleacque nuotando, furono invece inghiottiti. Così con faticosa diligenza si apriva la strada alla rovina dell’imperio romano. Perocché non è cosa nè oscura nè incerta che le personeincaricate dell’infausto ufficio di trasportar quella gente avendo spesse volte tentato di numerarla dovettero alla fine abbandonarquell’impresa…”
Oggi, come allora, vi è chi vede nei riflessi sul nostro continente dell’immigrazione africana un’occasione addirittura di rilancio economico, di recupero demografico (come se il desiderio di procreare dipendesse da una predisposizione genetica anziché dalla preoccupazione di garantire ai propri figli un futuro che non sia di incertezza e precariato). Ma oggi come allora, si manifestano le ingordigie di pochi che nello sfruttamento dei nuovi arrivati vedono un’occasione di arricchimento personale: “…. come se un avverso nume ne facesse la scelta, furon preposti alle cariche militari nomini diffamati. A costoro presiedevano Lupicinoe Massimo, l’uno Conte delle Tracie,I’altro esiziale Governatore, dotatiambedue di pari temerità e di tal cupidigia insidiosa che fu poi cagione di tutti i mali che vennero appresso. E nel vero (per tralasciare quellealtre cose di che i due capi già mentovali od alcunialtri di loro consentimentosi resero ingistamente colpevoli verso questi stranieri che fino allora non s’eranmacchiati di verun delitto) diremo solo una cosa……” Lupicino e Massimo, imperiali antesignani dei Buzzi, dei Carminati e di quanti sfruttano l’occasione rappresentata dal business che intorno all’arrivo di queste masse di migranti si è creato.
Ciò che appare in tutta la sua evidenza, e che tragicamente richiama alla memoria gli errori del passato per quanto remoto, è la mancanza di un governo del fenomeno da parte dell’Europa e il lasciare da parte di alcuni, come i governanti italiani, che ad occuparsene siano i Lupicino e i Massimo di turno. Ed è questa mancanza di una politica ad hoc, il ributtare sulle spalle di pochi stati economicamente allo stremo e geograficamente penalizzati tutta la responsabilità della gestione del fenomeno, il non considerarlo come un problema di tutto il continente, che sta minando alla base la coesione degli Stati europei. Su questo fenomeno stanno riaffiorando gli evidentemente mai sopiti egoismi nazionali, e non è certo un buon segnale per il futuro.