The Game’s Afoot.
Lo scorso 10 ottobre si è celebrata la Giornata Mondiale della Salute Mentale. L’ Oms ci informa che il 50% dei disturbi mentali si manifestano prima dei 14 anni; l’Europa, attraverso istituti accreditati, sentenzia che il 75% di questi disturbi si consolida prima dei 25 anni e che la fascia d’età tra i 10 e i 24 anni è quella più vulnerabile all’attecchimento della malattia mentale.
L’idea che gli studenti siano fragili è divenuta un dato di fatto, ma così di fatto che nessuno nota che si tratta, invece, di un dogma recente. Educatori e genitori sembrano convinti che i cosiddetti millenials non siano preparati alla naturale transizione alla vita indipendente. Nella nuova cultura contemporanea i giovani vengono incoraggiati a interpretare il loro disagio, di qualsiasi genere o causa, come sintomo di disagio mentale. Ogni difficoltà della vita quotidiana degli studenti viene interpretata come minaccia al benessere. Gli studenti sono improvvisamente diventati vulnerabili e generalmente più a rischio di disagio mentale dei giovani della stessa età entrati nel mondo del lavoro. Non so con precisione quando abbia avuto inizio, ma non ricordo si parlasse tanto della vulnerabilità degli studenti prima della fine degli anni ’90. Il primo riferimento a studenti universitari “vulnerabili” si trova in un articolo del Times del 1986, poi del New York Times nel 1991, e nel Guardian nel 1995.
La scoperta della “vulnerabilità” degli studenti ha trasformato quelle che nel passato erano questioni assolutamente banali della vita dei giovani, studenti e non, in fatti eccezionali e problemi potenzialmente devastanti. Oggi gli studenti devono essere protetti dai sentimenti di disagio che possono provare a scuola, o da parole o gesti che qualcun altro ha deciso potrebbero essere offensivi e procurare disagio, e il disagio oggi non viene visto come uno stato passeggero, ma foriero di uno stabile senso d’incertezza o inadeguatezza che porterebbero inevitabilmente al disturbo mentale, e quindi in un certo senso risolverebbe uno di quelli che è veramente il problema fondamentale degli adolescenti di qualsiasi epoca, la solitudine, consacrandone così l’ingresso alla più grande e coesa comunità del mondo, quella degli squinternati.